Oggi avevo bisogno di inviare una lettera negli Stati Uniti. La forma della busta, purtroppo, era tale da impedire l’uso di una cassetta postale per strada. Il numero di cassette postali comunque si sta sempre diminuendo, nonchè la possibilità di comperare francobolli in tabaccheria. I tabacchai hanno capito che il ricavato dalla vendita di francobolli è di gran lunga inferiore a quello della vendita di grattaevinci. Chiaramente un viaggio alle Poste era necessario.
Una visita all’ufficio postale può essere frustrante in certi orari ed attorno alle feste. E prima dell’avvento delle macchine “eliminacode” l’esperienza poteva essere molto antipatica. Bisognava lottare con la gente attorno a forza di gomiti per accedere ad uno sportello.
Con una maschera sul volto sono partito per l’ufficio postale in Via S. Isaia, vicino a casa. Entrando attraverso le porte scorrevoli ho trovato il marchingegno destinato a fornirmi un biglietto con il numero di precedenza. In passato era più semplice: bastava premere un grosso bottone sul campo che interessava, per esempio “prodotti postali,” “Bancoposte” o “spedizione pacchetti.” Oggi mi sono trovato ad una macchina gialla delle dimensioni di un distributore di caffè, con uno schermo elettronico al centro e, alla destra, una sequenza di piccoli schermi disposti verticalmente con una lucina laser dentro ciascuno. Le scelte ed opzioni sembravano infinite.
Ormai la gente è abbastanza pratica della tecnologia della “touch screen.” Bisogna averne un minimo grado di dimestichezza, per esempio, in stazione per comprare un biglietto di treno o in supermercato per pesare la frutta. Io, sicuro di me e convinto di essere padrone della situazione, ho dunque toccato lo schermo . . . ma non è successo niente. L’immagine è rimasta uguale. L’ho toccato di nuovo. Ancora nada. A questo punto cominciavo ad annervosirmi perchè una piccola fila si era creata alle mie spalle, con qualche sospiro impaziente alle orecchie. Ho deciso di ingoiare il mio orgoglio. Mi sono voltato alla persona dietro di me e gli ho chiesto come funzionasse questa bestia gialla. Egli, con un’aria condiscendente di qualcuno che ha spiegato il concetto più semplice al mondo ad uno incapace di imparare, ha messo il dito sull’emoji sorridente dello schermo e – voilà! – è saltato fuori il mio tagliando di turno.
Umiliato ma contento di aver compiuto il primo passo mi sono girato per vedere il tempo stimato sulla cartella “eliminacode” affissa in alto. In quel momento, però, io, insieme a qualche altro cliente, sono stato sgridato da un’impiegato postale per aver fatto parte di un “assembramento” ed invitato ad uscire subito al marciapiede per stare in coda. Ci ha spiegato con una grande aria di autorità che bisognava rispettare le regole anti-Covid alla lettera.
Quello che l’impiegato NON capiva era che dalla strada nessuna poteva vedere l’eliminacoda. Di conseguenza nessun cliente poteva sapere quando il suo turno sarebbe stato annunciato. L’obbligo di stare in coda in certe situazioni è più che ragionevole – ma non in questa istanza perchè c’erano più sportelli aperti contemporaneamente, ciascuno con uno specifico servizio offerto. Era dunque impossibile sapere dove o quando andare senza vedere l’indicazione sull’eliminacode.*
L’mpiegato, avendo goduto il suo momento di potere, è tornato dentro, ignorando le nostre domande. Io ho rinunciato al mio obiettivo. Ho deciso di andare ad un’altra filiale un altro giorno. Ho lasciato gli altri clienti brontolando tra loro sul marciapiede. Spero che non ci stiano ancora!
*una semplice soluzione sarebbe stata di montare un altoparlante fuori e annunciare ogni turno in sequenza.