Era ora che qualcuno commentasse sulla vita da pedone a Bologna. . .
Possiedo una patente da guida in Italia ma, come gli abitanti di Manhattan, trovo il trasporto pubblico qui sufficiente per arrivare dove devo andare, senza preoccuparmi di un posto per parcheggiare quando arrivo. Il “car sharing” funziona e rende possibile qualche escursione oltre le mura di Bologna. Ma per lo più sono contento di percorrere le vie del centro a piedi, utilizzando l’autobus per distanze meno agevoli. A volte mi impongo su amici o parenti per un passaggio con loro quando un’altra soluzione non si presenta. Anche se sorridono e insistono a dire che sono felici di darmi un passaggio, io sospetto che in fondo preferirebbero che io svanissi senza scroccare qualcosa per il quale pagano laute somme per il bollo, la benzina e la manutenzione.
Camminare in Bologna è un talento acquisito. Chi non impara va soggetto a traumi importanti. Prima di tutto, i marciapiedi sono a volte in cattivo stato. Bisogna abituarsi a reggersi quando si calpesta un tratto di pavimento gonfio o dissestato, facendo attenzione ad eventuali ruscellini di urina — o di peggio — che facilitano scivolate e cadute. E’ una versione di zappagallina urbana per adulti! Non aspettare di fare causa contro la città eccetto in caso di flagrante negligenza della manutenzione urbana.
Prima di abbandonare il tema dei cani, non voglio tralasciare i padroni che utilizzano i guinzagli rettratili. All’arrivo di questi “dog walkers” verso di te quello che sembrava uno spazio comodo sul marciapiede improvvisamente si restringe quando il cane ti taglia la strada. Potresti inciampare e cadere solo perchè il cane vuole fiutare qualche delizioso sudiciume vicino a te. Il suo padrone, con la testa tra le nuvole, spesso procede con indifferenza alla tua sorte mentre il cane tira il guinzaglio, srotolato al massimo a volte anche fino a tre metri.
Esiste un’ordinanza che proibisce di andare in bicicletta sotto i portici, che rivestono le vie principali del centro. E’ sfacciatamente ignorata. Capisco i ciclisti che non vogliono pedalare sotto una pioggia battente, ma lo fanno anche nel tempo migliore. Non sarei così preoccupato se i ciclisti segnalassero il loro arrivo con un campanello o una tromba. Hanno una predilezione per arrivare rapidamente e silenziosamente dall’indietro, spesso ad una velocità sproporzionata alle circostanze. Ci contano sulla supposizione che continueremo a camminare in linea retta, senza spostarci improvvisamente. Molte volte ho percepito un fruscio al mio fianco e poi il passaggio fulmineo di un manubrio di acciaio a pochi centimetri dal mio torace. Tremo quando penso delle conseguenze se avessi cambiato il mio cammino in quel momento. La morte dovuta a caduta con trauma cranico non è una cosa rara. I ciclisti sotto i portici che smontano ed accompagnano le loro biciclette sono da congratulare per la loro premura. Ma sono in pochi.
I ciclisti che mi fanno arrabbiare di più sono quelli maschi giovani, equipaggiati di casco e zaino, che sfrecciano in stile slalom tra la gente, sempre pedalando alla massima velocità e ciecamente fidandosi della loro bravura, anche in vie strette e piene di famiglie, passeggini ed anziani, per esempio Via D’Azeglio pedonale.
I monopattini elettrici, gli hoverboard, e persino gli skateboard costituiscono una gamma di potenziali fonti di trauma ai pedoni. Il numero è in crescita. Negli U.S.A. ed anche in Italia esistono perplessità sulla loro regolazione. Trovo strano che qualcuno utilizza questi mezzi elettrici per poi raggiungere la palestra!
Molti Bolognesi gradiscono una passeggiata la domenica o il T-Day, quando il centro è chiuso agli automobili. Le famiglie e gruppi di amici tendono ad intasare il marciapiede in gruppi uniti orizzontalmente, spesso tenendosi per mano ed obliviosi a chi vorrebbe sorpassare. La figlia di un insegnante americano li ha battezzati gli “SWOB”, ossia “slow walkers of bologna” per la loro andatura a passo di lumaca. In tipica maniera inglese a Londra hanno disegnato una parte del marciapiede in centro per i camminatori veloci. Non so se hanno realizzato un successo o no. Abbiamo tutti incontrato delle persone che si fermano completamente, a mo’ di asino, in mezzo al marciapiede per ricevere una telefonata. Con le spalle curve e la testa inclinata in avanti sono talmente incantate dalla loro conversazione che ignorano la tua presenza . . . senza mettersi da parte. Fanno pensare di un’automobilista in panne in mezzo al Viale all’ora di punta, con il traffico che cerca di passare attorno.
Gli automobili rappresentano la minaccia più grave a chi vuole attraversare la strada. Anche se “le zebrate” sono di solito ben delineate, la gente continua ad essere investita. Ho osservato quello che penso che sia un fattore contribuente: la gente pensa che, una volta che incomincia ad attraversare, gli automobili per forza si fermeranno per loro. Sbagliato! Al nord, per esempio a Trento, gli automobilisti si fermano prontamente quando vedono un pedone avvicinarsi al passaggio pedonale; scendendo più al sud questa prassi diventa saltuaria o addirittura inesistente. Molti anziani pensano che il semplice gesto di alzare il braccio contro una macchina in arrivo conferisca loro uno scudo invisibile. Sbagliato di nuovo! Temo che finchè duri l’inegualianza tra veicoli e pedoni si verificheranno molti incidenti prevenibili.
Great article. You.covered just about every thing !